giovedì 22 novembre 2012

Chi ha paura di noi giovani?


Martedì sera ho assistito alla puntata settimandale della rubrica "La chiocciola" di Ballarò.  Si tratta di una novità dell'edizione di quest'anno della trasmissione di Rai 3: il giornalista intervista in un luogo particolare di una città italiana dei ragazzi, chiedendo la loro opinione sulle aspirazioni per il futuro, sulla politica e sui temi d'attualità dell'ultima settimana. 

L'idea di per sé è interessante, perché nelle trasmissioni politiche o d'attualità manca sempre il contributo dei giovani ed anche perché uno dei temi che si discute molto in questo periodo è quello della "rottamazione", cioè l'ingresso dei giovani nella politica in sostituzione delle persone che da troppi anni ricoprono le stesse cariche. I luoghi prescelti per fare le interviste sono i centri commerciali, le piazze e proprio martedì scorso, un cinema multisala. Mancano totalmente i licei e le università, ossia i luoghi dove si costruiscono gli ideali e le coscienze dei cittadini per il futuro. 
Lo scenario che viene fuori dalle loro risposte è desolante. I giovani intervistati non sanno quello che succcede nel Paese, non leggono i giornali, non conoscono il significato di parole d'attualità come "Primarie" o "Rottamazione", non sanno i nomi di chi è al governo, ma soprattutto non si preoccupano della loro vita futura, non hanno un progetto di vita o delle aspirazioni precise se non arricchirsi come politici, calciatori e gente dello spettacolo. Hanno quindi un modello che viene soltando dalla televisione e che non è minimamente legato né al merito né all'impegno personale.

Ma questi giovani sono davvero rappresentativi di quello che siamo? E soprattutto, mi chiedo io, se sono una minoranza, perché la televisione ha interesse a rappresentare i giovani in questo modo? Forse la risposta sta nel meccanismo stesso della televisione italiana in questo momento storico: una televisione leggera, non impegnata, che non fa cultura e che fa audience sulle brutture, sulle disgrazie, sui litigi e sulla futilità dei rapporti tra le persone. Altrimenti non si spiegherebbe perché uno dei pochi, se non l'unico, programma che mostra ragazzi impegnati nello studio, "Per un pugno di libri", sia sempre relegato ad una fascia oraria secondaria (Domenica pomeriggio) con una programmazione molto discontinua.

Vorrei scrivere a Ballarò, ma anche a tutti gli altri programmi televisivi, invitandoli a venire a parlare con i giovani che escono da un liceo, che discutono durante un'assemblea scolastica o che manifestano contro gli attacchi alla scuola pubblica, che visitano un museo, o che si impegnano a scrivere sui giornali scolastici. Ma forse è inutile, perché i giornalisti non sono così stupidi da non sapere che esiste un altro mondo, un mondo forte e consapevole, il problema è che quel mondo non è attualmente interessato a noi.


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