domenica 15 novembre 2015

E' il tempo di cambiare

Era il 1990, mancavano otto anni alla mia nascita, mia madre era al suo primo anno di università e non aveva ancora incontrato mio padre, Antonio Ruberti (Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica con il Governo Andreotti) promuoveva la riforma del sistema universitario che avrebbe preso il suo nome, negli atenei italiani scoppiava la rivolta, intere facoltà venivano occupate, la rivolta si estendeva anche ai licei di tutta Italia per solidarietà, nasceva un movimento chiamato “la pantera”. Vi interessa sapere com’è andata a finire? Probabilmente riuscireste ad indovinare anche senza ascoltare i racconti di chi c’era in quei momenti. Il Governo introdusse qualche emendamento che poco spostava della riforma (un generico obbligo di consultazione non vincolante degli studenti), ed approvò la riforma, gli studenti si resero conto della difficoltà di mantenere occupate le Università, alcune vennero liberate dalle forze dell’ordine, in altre vennero riprese pian piano le lezioni…

E’ forse questo il momento della storia delle proteste studentesche che tanto avevano mosso in termini di movimento di opinione negli anni ’70 e ’80 in cui ci si rese conto per la prima volta di quanto il mondo stesse cambiando e di quanto ci fosse anche bisogno di innovare il senso della partecipazione, soprattutto di noi ragazzi.
Il mondo in questi 25 anni è cambiato tantissimo, e la generazione dei nostri genitori è forse quella che meglio sa raccontare questo percorso. La politica è caduta con Mani Pulite, ha cercato di rialzarsi, ha provato ad innovare, a scendere di nuovo nei territori, ha visto il nascere di movimenti populisti e demagogici, ha sopportato decenni di berlusconismo, ha perso ma continua a combattere la battaglia della corruzione diffusa tra le sue file… Anche la comunicazione è cambiata, ed ha essa stesso influenzato pesantemente il modo di fare politica. Il web, i social network, i nostri smartphone, la comunicazione virale che porta immediatamente a disposizione di chiunque e ovunque qualsiasi notizia hanno messo ciascuno di noi al centro del mondo. Ci permettono di conoscere ma ci pongono ogni giorno la sfida del controllo sulla veridicità dell’informazione, sfida che pochi sono disponibili a cogliere visto il numero stratosferico di bufale e di contenuti disinformativi che continuano a circolare spesso anche sui nostri profili. I nuovi leader politici hanno scelto come cavalcare questo cambiamento: chi comunica costantemente i passi avanti fatti nel proprio mandato (come il Presidente del Lazio Zingaretti), chi come il nostro Premier Renzi prova a trasmettere una visione, un sogno, la fiducia in una nuova Italia possibile, l’orgoglio di essere parte di un progetto, chi come il Movimento 5 Stelle o la Lega punta a fomentare l’odio, la contrapposizione, la chiusura. 
Eppure se ci guardiamo indietro c’è una cosa che sembra non sia cambiata, che si trascina indenne ed immutata nel corso degli anni trasformandoci in perfetti replicanti di quello che erano i nostri genitori, in un altro mondo, in un’altra storia. L’autunno è ormai inoltrato, si avvicinano i mesi invernali e ritorna prepotente sulla bocca di tutti la parola occupazione. Si occupa sempre e comunque: contro la riforma della scuola del momento, per solidarietà con i  lavoratori per il jobs act come lo scorso anno, per protesta contro una qualche scelta del corpo docente. L’importante è protestare, è la protesta stessa il fulcro della questione.

Esprimo ovviamente una mia opinione personale: a mio avviso questo non è più il tempo della protesta. E’ il tempo di comprendere, è il tempo di metterci in gioco, è il tempo di partecipare attivamente cogliendo gli strumenti che abbiamo anche alla nostra età. E’ tempo di crearsi una propria opinione critica che non può basarsi solo su uno dei racconti che circolano sulla riforma de La buona scuola. Una riforma che può lecitamente non piacere, a patto che se ne comprenda prima il merito e il metodo, che qualcuno ci racconti che è stata la prima riforma partecipata della storia della scuola, fatta di centinaia di incontri sui territori e nelle scuole con più di 200.000 partecipanti, di una piattaforma online apposita in cui si è svolto un dibattito online con 207.000 partecipanti, 1.300.000 accessi per consultare i documenti, 5.000 e-mail di proposte ricevute ed analizzate. Una riforma che non può essere perfetta ma che dovremmo provare a cambiare dopo aver visto quanto meno un periodo di prima applicazione.
E’ tempo di rendersi conto del privilegio di studiare in una scuola come la nostra, di provare l’orgoglio misto a vergogna che ha sentito una giovane studentessa alcuni giorni fa mentre era seduta a fare anticamera davanti l’ufficio del Sottosegretario all’Istruzione, mentre guardava il via vai di Presidi da tutta Italia ed ascoltava le loro storie fatte di soffitti crollati, aule inagibili, materiali inesistenti, tessuti sociali difficili.

E’ tempo di mostrare che finalmente la nostra generazione vuole compiere un salto in avanti: dalla protesta alla partecipazione e alla proposta. E’ facile, non cambiamo neanche l’iniziale….




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