Era il 1990, mancavano otto anni
alla mia nascita, mia madre era al suo primo anno di università e non aveva
ancora incontrato mio padre, Antonio Ruberti (Ministro dell’Università e della
Ricerca Scientifica con il Governo Andreotti) promuoveva la riforma del sistema
universitario che avrebbe preso il suo nome, negli atenei italiani scoppiava la
rivolta, intere facoltà venivano occupate, la rivolta si estendeva anche ai
licei di tutta Italia per solidarietà, nasceva un movimento chiamato “la
pantera”. Vi interessa sapere com’è andata a finire? Probabilmente riuscireste
ad indovinare anche senza ascoltare i racconti di chi c’era in quei momenti. Il
Governo introdusse qualche emendamento che poco spostava della riforma (un
generico obbligo di consultazione non vincolante degli studenti), ed approvò la
riforma, gli studenti si resero conto della difficoltà di mantenere occupate le
Università, alcune vennero liberate dalle forze dell’ordine, in altre vennero
riprese pian piano le lezioni…
E’ forse questo il momento della
storia delle proteste studentesche che tanto avevano mosso in termini di
movimento di opinione negli anni ’70 e ’80 in cui ci si rese conto per la prima
volta di quanto il mondo stesse cambiando e di quanto ci fosse anche bisogno di
innovare il senso della partecipazione, soprattutto di noi ragazzi.
Il mondo in questi 25 anni è
cambiato tantissimo, e la generazione dei nostri genitori è forse quella che
meglio sa raccontare questo percorso. La politica è caduta con Mani Pulite, ha
cercato di rialzarsi, ha provato ad innovare, a scendere di nuovo nei
territori, ha visto il nascere di movimenti populisti e demagogici, ha
sopportato decenni di berlusconismo, ha perso ma continua a combattere la
battaglia della corruzione diffusa tra le sue file… Anche la comunicazione è
cambiata, ed ha essa stesso influenzato pesantemente il modo di fare politica.
Il web, i social network, i nostri smartphone, la comunicazione virale che
porta immediatamente a disposizione di chiunque e ovunque qualsiasi notizia
hanno messo ciascuno di noi al centro del mondo. Ci permettono di conoscere ma
ci pongono ogni giorno la sfida del controllo sulla veridicità
dell’informazione, sfida che pochi sono disponibili a cogliere visto il numero stratosferico
di bufale e di contenuti disinformativi che continuano a circolare spesso anche
sui nostri profili. I nuovi leader politici hanno scelto come cavalcare questo
cambiamento: chi comunica costantemente i passi avanti fatti nel proprio
mandato (come il Presidente del Lazio Zingaretti), chi come il nostro Premier
Renzi prova a trasmettere una visione, un sogno, la fiducia in una nuova Italia
possibile, l’orgoglio di essere parte di un progetto, chi come il Movimento 5
Stelle o la Lega punta a fomentare l’odio, la contrapposizione, la chiusura.
Eppure se ci guardiamo indietro
c’è una cosa che sembra non sia cambiata, che si trascina indenne ed immutata
nel corso degli anni trasformandoci in perfetti replicanti di quello che erano
i nostri genitori, in un altro mondo, in un’altra storia. L’autunno è ormai
inoltrato, si avvicinano i mesi invernali e ritorna prepotente sulla bocca di
tutti la parola occupazione. Si occupa sempre e comunque: contro la riforma
della scuola del momento, per solidarietà con i
lavoratori per il jobs act come lo scorso anno, per protesta contro una
qualche scelta del corpo docente. L’importante è protestare, è la protesta
stessa il fulcro della questione.
Esprimo ovviamente una mia
opinione personale: a mio avviso questo non è più il tempo della protesta. E’
il tempo di comprendere, è il tempo di metterci in gioco, è il tempo di
partecipare attivamente cogliendo gli strumenti che abbiamo anche alla nostra
età. E’ tempo di crearsi una propria opinione critica che non può basarsi solo
su uno dei racconti che circolano sulla riforma de La buona scuola. Una riforma
che può lecitamente non piacere, a patto che se ne comprenda prima il merito e
il metodo, che qualcuno ci racconti che è stata la prima riforma partecipata
della storia della scuola, fatta di centinaia di incontri sui territori e nelle
scuole con più di 200.000 partecipanti, di una piattaforma online apposita in
cui si è svolto un dibattito online con 207.000 partecipanti, 1.300.000 accessi
per consultare i documenti, 5.000 e-mail di proposte ricevute ed analizzate.
Una riforma che non può essere perfetta ma che dovremmo provare a cambiare dopo
aver visto quanto meno un periodo di prima applicazione.
E’ tempo di rendersi conto del
privilegio di studiare in una scuola come la nostra, di provare l’orgoglio
misto a vergogna che ha sentito una giovane studentessa alcuni giorni fa mentre
era seduta a fare anticamera davanti l’ufficio del Sottosegretario
all’Istruzione, mentre guardava il via vai di Presidi da tutta Italia ed ascoltava
le loro storie fatte di soffitti crollati, aule inagibili, materiali
inesistenti, tessuti sociali difficili.
E’ tempo di mostrare che
finalmente la nostra generazione vuole compiere un salto in avanti: dalla protesta
alla partecipazione e alla proposta. E’ facile, non cambiamo neanche
l’iniziale….
https://www.youtube.com/watch?v=rSER3yml1iM
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