Alla fine di ottobre la parola
Leopolda ha riempito giornali e televisioni, entrando nel vocabolario di uso
quotidiano di molti italiani. Ma cos’è davvero la Leopolda? Prima di tutto è
una ex stazione ferroviaria di Firenze, splendidamente ristrutturata e destinata
ad ospitare eventi. Ma negli anni è diventata soprattutto il nome di un nuovo
modo di fare politica.
Era il lontano 2010 quando per la
prima volta questo luogo ospitò un evento un po’ strano a cominciare dal nome: Prossima fermata Italia. Matteo Renzi,
allora sindaco di Firenze, insieme ad altri trentenni chiedeva a gran voce di
rottamare la vecchia classe dirigente e dare ai giovani la responsabilità della
guida del Paese. Si inaugurava un modello che avrebbe segnato tutte le
successive Leopolde: chiunque poteva intervenire portando il suo contributo al
dibattito e tutti, onorevoli, amministratori, cittadini, imprenditori e
studenti avevano gli stessi quattro minuti di intervento dal palco. Seguì il Big Bang del 2011, Adesso del 2012, Diamo un nome
al futuro del 2013 e in ultimo Il
futuro è solo l’inizio del 2014.
Ma cos’è davvero la Leopolda?
Difficile da spiegare a chi non vi abbia mai messo piede. Sfogliando i giornali
si leggono tante definizioni: l’evento di Renzi, la riunione dei fedelissimi renziani,
un “think tank” (che sta letteralmente per “serbatoio di pensiero”), una
convention per fare il punto sulla politica italiana, una tre giorni di
formazione politica…. Tutte definizioni in un certo senso corrette ma che da
sole non riescono a dare in maniera esaustiva il senso di questa esperienza.
La prima volta che ho messo piede
alla Leopolda era il 2013, avevo 15 anni e frequentavo l’inizio del V ginnasio.
Arrivai a Firenze di sabato, quando era già in corso la seconda giornata di
lavori, e subito mi sentii immersa in un’atmosfera di entusiasmo, positività,
speranza. Forse ero troppo piccola ancora per sentirmi davvero protagonista di
quel processo, per cui rimasi a guardare incantata i volti, ad ascoltare le
parole, incontrai nuovi e vecchi amici e me ne tornai a casa con un bel
bagaglio di esperienze.
Solo dopo l’esperienza di
quest’anno però sono riuscita a trovare una parola che definisca in modo
completo questa esperienza: partecipazione.
Dico partecipazione perché alla
Leopolda ti senti a casa, è un luogo di discussione, ritrovo, divertimento,
approfondimento ma soprattutto è un luogo dove tutti sono uguali; alla Leopolda
non ti chiedono il nome, alla Leopolda ti chiedono ti raccontare e condividere
con gli altri la tua idea di futuro.
Quando sono arrivata quest’anno
la Leopolda era disseminata da più di 100 tavoli tondi, ciascuno dedicato ad un
tema: dalle riforme costituzionali alla cultura, dal ruolo di Papa Francesco
negli equilibri geopolitici mondiali al finanziamento delle imprese, dai fondi
europei alla riforma della scuola. I tavoli si sono riempiti velocemente, prima
un circolo di persone sedute, poi un cerchio in piedi, poi un altro: deputati e
senatori, amministratori, professori e docenti universitari, donne e uomini
tutti in tondo a discutere e a confrontarsi al fine di scrivere un documento
condiviso su quel tema che sarebbe poi diventato parte integrante del programma
di Governo.
La mia scelta è stata facile: tra
i cento tavoli ho deciso di partecipare a quello sulla riforma della scuola,
dove in particolare veniva discusso il progetto di Governo La Buona Scuola dal
punto di vista degli insegnanti la mattina, e degli studenti il pomeriggio.
Devo dire che la parte più interessante è stata paradossalmente quella in cui
avevo poco da dire, perché ascoltare i racconti degli insegnanti, capire le
difficoltà che affrontano ogni giorno con regole complesse e spesso inique e
con un lavoro a volte poco apprezzato, è stato educativo. Il pomeriggio invece
alla presenza di Davide Faraone che coordinava il tavolo, e che da lì a pochi
giorni sarebbe stato nominato Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, si è
svolto un interessantissimo dibattito sugli aspetti più formativi e legati ai
contenuti che interessano non solo presidi e professori ma anche studenti e
genitori. E’ stato lì che sono intervenuta rivendicando il valore degli studi
classici e la necessità di preservare la cultura umanistica in un periodo di
crisi come quello che stiamo vivendo, perché il rischio è che da questo
decennio di crisi esca fuori una generazione culturalmente inferiore a chi ci
ha preceduti, proprio in un momento in cui le sfide globali richiedono il
massimo delle competenze e capacità.
Questa è secondo me la
partecipazione. Perché se è vero che come diceva il titolo della Leopolda 2014,
Il futuro è solo l’inizio, ciò è vero soprattutto per noi ragazzi, ed è un
futuro che dobbiamo iniziare a scrivere anche noi.
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