domenica 25 gennaio 2015

Una matita e mille mani

Ho freddo. Ho freddo dentro. E sono arrabbiato. Sono arrabbiatissimo con tutto e con tutti. Perché qui in questa maledetta periferia io non sono nessuno. Sono solo un'ombra scura. E non ho futuro e  non ricordo il mio passato. Non sono come loro, non sono come nessuno. Anzi no, ora sono come qualcuno. Laggiù in Siria erano tutti come me, mi vedevano, mi volevano, mi hanno insegnato a combattere per una causa comune, mi hanno insegnato come fare per farmi temere qui in Occidente. Mi chiamo Amedy Coulibaly, ho 33 anni e si ricorderanno di me. Ora, oggi. Qui, a Parigi. 


Come al solito tocca a me andare a fare la spesa. Mia madre ci tiene così tanto, domani è una festa ebraica e cucinerà tutto il giorno per gli amici e i parenti che verranno a casa nostra. Ho una lista lunghissima, i soldi in tasca, devo sbrigarmi ad andare nel supermercato kosher dietro l'angolo, ricordare di comprare tutto, portare a casa le buste della  spesa e poi potrò finalmente andare dai miei amici. Ecco, c'è pure fila qui dentro. E farò tardi come al solito. Quell'uomo ha un viso strano, una strana espressione. Sembra non guardare nessuno ma sento un filo di angoscia, non so, non mi sento sicuro. Mi chiamo Amos, ho quattordici anni ed ho paura.



Il titolare è contento di me, ieri mi ha detto che mi darà una settimana di vacanza. Che bello, forse potrò stare un po' con la mia famiglia. E andare finalmente a pregare in Moschea. Oggi ho da sistemare tutto il retrobottega del supermarket, sono arrivati tantissimi scatoloni nuovi, li hanno scaricati stamattina. Li metterò tutti in modo perfetto sugli scaffali, il mio titolare sarà contento di me. E magari mi darà un aumento. Ora inizio a sistemare. Ma che sono questi spari??? Vengono dal negozio, sento gente che urla, vado a vedere. Devo andare a  vedere. C'è gente che cerca di nascondersi. E un uomo armato. Presto, venite qui, nascondetevi in questa cella frigorifera, è il posto più sicuro, non abbiate paura. Spegnerò il motore, non avrete freddo. Chiusi qui dentro sarete al sicuro. Fidatevi di me, ho la pelle scura, vado in Moschea a pregare, ma sono uno di voi, è tanto che aspetto di essere un cittadino francese. Questo è il mio paese, voi siete la mia gente. Il mio nome è Lassana Bathily, ho 24 anni. Fidatevi di me.



E' suonata la sveglia. In salotto come ogni mattina c'è la tv in sottofondo, mia madre vede sempre Rai news 24, le notizie del giorno. Cerco di aprire gli occhi davanti al caffé, ho dormito poco, oggi mi aspetta una giornata pesante. Il tono della conduttrice è diverso, da ieri non si parla che di Parigi. Una città così bella, ci sono andata forse due anni fa. Così multietnica, tanta gente diversa, com'è possibile che sia successo tutto questo? Certo, io ho visto il centro, e una città non si giudica solo dai monumenti. Chissà se siamo in pericolo anche noi... In fondo Roma è la culla della cristianità, c'è il Vaticano, il Papa... Ecco, infatti passano un video dei terroristi, minacciano Roma. Ecco le piazze, le riconosco, ecco, persino il Pantheon, il mio liceo non è lontano. No, non voglio avere paura. Non voglio smettere di fare quello che faccio ogni giorno. Ciò che vogliono è farci paura ma io vivo in Italia, io sono una cittadina europea. Io vado a scuola libera, felice. E continuerò a farlo. Mi chiamo Arianna, ho 16 anni e non voglio avere paura.



Quello che stava succedendo qui a Parigi lo abbiamo saputo mentre eravamo a scuola. Era metà mattina e abbiamo visto ad un certo punto i professori agitarsi. Stava succedendo qualcosa. Poi abbiamo saputo, eravamo spaventati, increduli. E poi c'erano loro, i nostri compagni. Ebrei, mussulmani, non li avevo mai catalogati così. Ci guardavamo, e vedevamo le categorie in cui questo orrore voleva ricondurci. Ma vedevamo anche dei ragazzi, spaventati alcuni per la persecuzione a cui la storia ciclicamente li condanna, spaventati altri perché consapevoli che avrebbero pagato loro per primi questa follia che non condividevano. Dei ragazzi spaventati, ecco cosa eravamo. Ma ora siamo tutti qui, insieme, in questa piazza. Ci sono i leader del mondo che aprono questo corteo. Ma è un fiume che sembra non avere né inizio né fine. La reazione di tutti ci ha aiutato a non avere paura. Sfiliamo sorridenti, perché è il sorriso che dobbiamo opporre all'odio. Sfiliamo dietro questa enorme matita di cartone, ce la passiamo sopra le teste, e lei sembra danzare nell'aria disegnando tante parole mute di speranza nel cielo. Abbiamo tutti delle matite in mano perché è tramite le matite che passa tutto: passa la conoscenza, passa il pensiero autonomo, passa la libertà di espressione, passa la cultura, la visione di un mondo che è il nostro. Di tutti noi: di Amos, di Lassana, di Arianna e mio, di Benjamin. Che sarebbe potuto essere anche il mondo di Amedy se ci fossimo accorti di lui. Abbiamo sbagliato, ma non sbaglieremo più. Il futuro è nostro e non ce lo toglierete.



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