domenica 3 aprile 2016

17 Aprile: non sprecare energia!

Il prossimo 17 aprile i cittadini italiani saranno chiamati a votare ad un referendum abrogativo in materia di trivellazioni in mare. E’ un tema su cui c’è molta disinformazione e su cui a mio parere è opportuno cercare di fare una minima chiarezza.

Non si tratta come sostengono i promotori del referendum di un blocco delle trivellazioni in mare e di una occasione di difesa delle acque, delle coste e del nostro patrimonio naturalistico dai rischi dell’inquinamento. La legge italiana è infatti, dopo l’intervento del Governo Renzi, molto più difensiva e restrittiva rispetto alle normative degli altri Paesi europei: la legge di stabilità 2016 ha infatti vietato ogni nuovo rilascio di concessione entro le 12 miglia dalle coste. Attualmente, le concessioni per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi attive in mare sono in tutto 69. Solo 21 di queste si trovano entro le 12 miglia.

Questi impianti, già costruiti e in attività, dovrebbero se vincesse il Si al referendum chiudere prima che la riserva di idrocarburi sia esaurita. Se vincesse il no (o se non si raggiungesse il quorum), questi impianti continuerebbero a funzionare finché il giacimento non è utilizzato completamente, mantenendo posti di lavoro e facendo in modo che impianti già realizzati rendano il più possibile, e verrebbero infine smantellati.

Nessuno parla del tema del lavoro in effetti, ma i sindacati hanno stimato che la chiusura anticipata di quegli impianti causerebbe la perdita di circa 20.000 posti di lavoro, facendo aumentare il tasso di disoccupazione e gravando sulle casse dello Stato, che dovrebbe attivare per chi ha perso l’impiego tutti quegli strumenti di sostegno come gli ammortizzatori sociali.

Ma soprattutto non dimentichiamo che per il nostro Paese, come per tutte le economie occidentali, la disponibilità di fonti energetiche è fondamentale. Proviamo a pensare di quanta energia abbiamo bisogno per ogni piccolo gesto quotidiano, dall’accendere la luce o il pc a caricare il nostro smartphone. Attualmente il nostro Paese dipende principalmente dalle importazioni di energia dall’estero, soprattutto da Paesi non democratici (tutto il Medio Oriente per non parlare della Russia). Cosa ci sarebbe quindi di male a sfruttare quelle disponibilità di energia che il nostro Paese ci offre? E’ molto interessante guardare l’immagine in questa pagina: mostra la piantina delle trivellazioni in Croazia. E’ il mare Adriatico, è un mare che abbiamo in comune con tanti altri Paesi. Secondo i sostenitori del referendum potremmo smettere di estrarre il nostro gas e comprarlo dai nostri dirimpettai. Dimenticando che ogni incidente alle piattaforme estrattive di quei Paesi (peraltro più rari e improbabili di qualsiasi incidente alle navi che trasportano idrocarburi ogni giorno verso i nostri porti) avrebbe impatto sulle nostre coste come se fossero impianti nostri.



Altro tema oggetto di polemica di questi giorni: l’invito fatto dal PD all’astensione, bollato da alcuni partiti (il M5S ha addirittura denunciato il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova per una sua dichiarazione al riguardo) come illegittimo e penalmente sanzionabile.

Ma votare è sempre un dovere? Secondo quanto dicono i costituzionalisti, sembrerebbe proprio di no. L’appuntamento elettorale del 17 aprile è infatti per un referendum abrogativo, promosso da alcune Regioni italiane per abrogare un provvedimento adottato dal Governo eliminandolo dal nostro ordinamento. Per i referendum è la stessa Costituzione a riconoscere implicitamente il diritto all’astensione prevedendo un quorum di partecipazione per la validità della consultazione (50% degli aventi diritto più uno, quorum non presente in tutte le elezioni politiche o amministrative). L’elettore può quindi assumere tre tipi di scelta: votare, non votare, o astenersi dal votare rifiutando l’invito alla consultazione dei promotori del referendum. Chi non condivide dunque i quesiti può evitare di esprimersi, negando così il proprio apporto al raggiungimento del quorum.


Avendo compiuto 18 anni potrò il prossimo 17 aprile votare, ma ho scelto con consapevolezza di astenermi. Questo perché non credo che questo quesito sia utile, perché penso che si possano gestire anche impianti complessi in sicurezza e nel pieno rispetto dell’ambiente circostante e perché so quanto in questo momento possa essere difficile per dei miei concittadini perdere il lavoro. Sono inoltre convinta che 400 milioni di euro, il costo per lo svolgimento del referendum che per legge non poteva essere realizzato in concomitanza con le prossime elezioni amministrative, avrebbero potuto avere migliore utilizzo viste le tante necessità delle nostre città e dei cittadini bisognosi. Il nostro Paese deve fare uno sforzo, comune a tutto l’Occidente, verso le energie rinnovabili ma questo è un obiettivo che richiede tempi lunghi e una adeguata progettazione, nonché risorse ingenti. Nel frattempo occorre utilizzare il più possibile i nostri giacimenti: non dimentichiamo che la situazione complessa del Medio Oriente è legata a doppio nodo alla gestione dell’oro nero, meno dipenderemo dalle loro forniture e più saremo in grado di togliere loro risorse e combattere la minaccia del terrorismo.

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