martedì 20 marzo 2012

Il mio romanzo senza nome... 1° puntata :)


A volte mi piace, quando il pomeriggio non ho nulla da fare, sedermi sul mio letto, con il piumone soffice e colorato che mi accarezza i jeans in modo impercettibile e mi piace rimanere immobile, con gli occhi chiusi ad ascoltare le voci della città. A volte mi piace ricordarmi di vecchi sogni fatti, quando ci riesco, quei sogni che hanno lasciato un segno nella mia mente, di cui ogni volta mi ricordo come se li avessi sognati un attimo prima.


Spesso mi piace prendere l'mp3, scegliere una sua canzone, quasi sempre la stessa, ed ascoltarla attentamente; sentire la sua voce che chiara e limpida non sbaglia mai una nota, un'intonazione: è sempre perfetta. Tanto perfetta che quelle poche volte che sbaglia, correggendosi subito, ci rimango anche male. Mi piace sentire come è mescolato il suono dolce della chitarra classica con la sua voce e sentire come sono ben coordinati insieme. 


Mi piace ascoltare una canzone in particolare: Restless heart syndrome. Mi piace l'inizio, calmo, con solo il pianoforte che accompagna la sua voce per poi sentire le prime parole. E' bello ed unico quel piccolo tratto, perché subito viene raggiunto dalla batteria che a sua volta verrà raggiunta dalla chitarra, questa volta, elettrica. Il resto della canzone continua a rimanere armonico, è per questo che mi affascina la sua voce, riesce sempre a creare armonia, a farsi distinguere tra quell'inifinità di suoni.


Il pomeriggio, verso le quattro, apro sempre il balcone per sentire il cinguettio dei passerotti sugli alberi, mi piace chiudere gli occhi e immaginare: una casa bellissima, di due piani, io sono in soffitta, affacciata al balcone, mentre osservo il parco e ascolto i passerotti che cinguettano.


A volte mi ricordo di un sogno in particolare, anche se non sono mai riuscita a capirlo, nonostante tutti i miei sforzi. Però mi torna in mente ogni volta che sento la sua voce. Ormai sono passate settimane e non me lo ricordo più bene. Mi ricordo un campo di grano, un sole che spacca le pietre ed i suoi occhi che mi guardano tristi e mi dicono addio. Non racconto mai a nessuno questo sogno, penso che gli altri non potrebbero mai capirlo, finchè non lo capisco io. Sono tanti colori, che intrecciati tra loro riescono a non perdere la loro lucentezza. Non so nemmeno perché lo paragono a questo. 


Verso sera, sento sempre un suono secco, dura pochi secondi, è un rumore assordante che è stato attutito, come un colpo preso dopo una caduta. Per tante notti, prima di addormentarti sono rimasta a tormentarmi cercando di capire cosa fosse, da cosa fosse provocato e da dove venisse. Non ho mai capito perché ero l'unica a cui importava, gli altri avevano una tale indifferenza verso quel rumore che mi chiedevo se mai ci avessero fatto caso. Forse è stupido, ma le curiosità non hanno spiegazioni.

Le due chitarre, in Brain Stew, che quasi comunicano tra loro, sembrano tanti circuiti elettronici impazziti.




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