giovedì 12 giugno 2014

EXPO 2015: nutrire il pianeta o nutrire il malaffare?

Alcuni giorni fa è esploso sui media il cosiddetto “scandalo Expo 2015”. Da subito ha occupato le prime pagine dei giornali ed i servizi di apertura dei Tg. Si sa, siamo in campagna elettorale per le elezioni europee che si terranno il 25 maggio e quindi ogni notizia è utile per alimentare la polemica tra le formazioni politiche, a tutto vantaggio di chi fa informazione.
L’argomento però è di per sé molto interessante, al netto degli opportunismi politici, perché è un gancio col passato e al tempo stesso una fotografia attualissima dei mali italiani.
Partiamo dal principio. L’Expo è un’Esposizione Universale non commerciale (cioè non si vende e non si compra), organizzata dalla nazione che ha vinto una apposita gara tra Paesi, e prevede la partecipazione di altre nazioni invitate dal Paese ospitante. La prima Esposizione Universale si tenne addirittura nel 1851 a Londra:  il suo successo spinse altre nazioni a seguire tale strada organizzando iniziative rimaste nella storia come quella di Parigi del 1889, ricordata per la costruzione apposita della Tour Eiffel. Ogni Expo viene dedicata ad un tema di interesse universale e viene svolta in un luogo costruito appositamente, che viene smantellato alla fine della manifestazione o a volte rimane patrimonio della città che l’ha ospitato.
Per Expo 2015 il tema è “Nutrire il pianeta, energia per la vita”: si parlerà di tecnologie, di innovazione,  di cultura e tradizione,ma soprattutto del diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della Terra. Parteciperanno 144 nazioni da tutto il mondo, quindi si tratterà di un grande momento di visibilità per il nostro Paese, nel bene e nel male.
Il bene ovviamente sta nell’argomento: sul cibo nessuno nel mondo può darci lezioni. Il male sta purtroppo nella capacità tutta italiana di sporcare con malaffare, infiltrazioni criminali e ritardi e inefficienze questi grandi eventi.
E dunque si ritorna alla questione iniziale: lo scandalo dell’Expo. A guardarlo ora si fatica ad immaginare che tra quattrocento giorni quel pezzo di terra da un milione e cento metri quadrati, lungo quasi due chilometri, sarà coperto da cinquecentomila alberi e da costruzioni futuristiche, pronto ad ospitare i 20 milioni di visitatori da tutto il mondo. Oggi è solo ancora un campo di terra battuta pieno di cemento, di gru e di polvere. Perché tanto ritardo? Eppure per fare tutto con calma l’Italia ha avuto a disposizione ben 2.585 giorni dal 31 marzo 2008, quando Milano si aggiudicò la realizzazione dell’Expo.
Cosa è successo in questi anni? Ci siamo scontrati con i limiti Italiani: una burocrazia che ostacola ogni singolo passo, la politica che mette le mani nella gestione dell’evento, gli appalti che nessuno ha controllato, le poltrone super pagate in comitati ed enti di controllo che non hanno mai controllato.
Sembra sempre un vicolo cieco il nostro: meglio rispettare le regole, lunghe e complesse che imbrigliano il nostro Paese, o meglio avere leggi speciali per questi eventi, più veloci, con meno controlli ma che si prestano di più al malaffare? Dove si trova l’equilibrio tra poteri speciali e regole?
E’ possibile soprattutto che l’Italia non impari mai dai propri errori, che la storia si ripeta da Mani Pulite degli anni ‘90 in poi? Stessi scandali e addirittura stesse persone coinvolte?

Resta a chi vuole bene al proprio Paese l’amaro in bocca, per l’immagine che l’Italia da sempre di sé all’estero, per il tema così affascinante ed interessante, per i posti di lavoro che un questo evento potrebbe creare e per la ricchezza che potrebbe portare. Un’altra occasione sprecata? Io voglio sempre sperare di no.


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