Alcuni giorni fa è esploso sui
media il cosiddetto “scandalo Expo 2015”. Da subito ha occupato le prime pagine
dei giornali ed i servizi di apertura dei Tg. Si sa, siamo in campagna elettorale
per le elezioni europee che si terranno il 25 maggio e quindi ogni notizia è
utile per alimentare la polemica tra le formazioni politiche, a tutto vantaggio
di chi fa informazione.
L’argomento però è di per sé
molto interessante, al netto degli opportunismi politici, perché è un gancio
col passato e al tempo stesso una fotografia attualissima dei mali italiani.
Partiamo dal principio. L’Expo è
un’Esposizione Universale non commerciale (cioè non si vende e non si compra),
organizzata dalla nazione che ha vinto una apposita gara tra Paesi, e prevede
la partecipazione di altre nazioni invitate dal Paese ospitante. La prima
Esposizione Universale si tenne addirittura nel 1851 a Londra: il suo successo spinse altre nazioni a
seguire tale strada organizzando iniziative rimaste nella storia come quella di
Parigi del 1889, ricordata per la costruzione apposita della Tour Eiffel. Ogni
Expo viene dedicata ad un tema di interesse universale e viene svolta in un
luogo costruito appositamente, che viene smantellato alla fine della
manifestazione o a volte rimane patrimonio della città che l’ha ospitato.
Per Expo 2015 il tema è “Nutrire
il pianeta, energia per la vita”: si parlerà di tecnologie, di innovazione, di cultura e tradizione,ma soprattutto del diritto
ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutti gli abitanti della
Terra. Parteciperanno 144 nazioni da tutto il mondo, quindi si tratterà di un
grande momento di visibilità per il nostro Paese, nel bene e nel male.
Il bene ovviamente sta nell’argomento:
sul cibo nessuno nel mondo può darci lezioni. Il male sta purtroppo nella
capacità tutta italiana di sporcare con malaffare, infiltrazioni criminali e ritardi
e inefficienze questi grandi eventi.
E dunque si ritorna alla
questione iniziale: lo scandalo dell’Expo. A guardarlo ora si fatica ad
immaginare che tra quattrocento giorni quel pezzo di terra da un milione e
cento metri quadrati, lungo quasi due chilometri, sarà coperto da
cinquecentomila alberi e da costruzioni futuristiche, pronto ad ospitare i 20
milioni di visitatori da tutto il mondo. Oggi è solo ancora un campo di terra
battuta pieno di cemento, di gru e di polvere. Perché tanto ritardo? Eppure per
fare tutto con calma l’Italia ha avuto a disposizione ben 2.585 giorni dal 31
marzo 2008, quando Milano si aggiudicò la realizzazione dell’Expo.
Cosa è successo in questi anni?
Ci siamo scontrati con i limiti Italiani: una burocrazia che ostacola ogni
singolo passo, la politica che mette le mani nella gestione dell’evento, gli
appalti che nessuno ha controllato, le poltrone super pagate in comitati ed
enti di controllo che non hanno mai controllato.
Sembra sempre un vicolo cieco il
nostro: meglio rispettare le regole, lunghe e complesse che imbrigliano il
nostro Paese, o meglio avere leggi speciali per questi eventi, più veloci, con
meno controlli ma che si prestano di più al malaffare? Dove si trova
l’equilibrio tra poteri speciali e regole?
E’ possibile soprattutto che
l’Italia non impari mai dai propri errori, che la storia si ripeta da Mani
Pulite degli anni ‘90 in poi? Stessi scandali e addirittura stesse persone
coinvolte?
Resta a chi vuole bene al proprio
Paese l’amaro in bocca, per l’immagine che l’Italia da sempre di sé all’estero,
per il tema così affascinante ed interessante, per i posti di lavoro che un
questo evento potrebbe creare e per la ricchezza che potrebbe portare. Un’altra
occasione sprecata? Io voglio sempre sperare di no.
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