martedì 8 aprile 2014

Quelle luci coraggiose negli anni bui

Quando sono nata mio nonno era già in pensione. L’atteggiamento da poliziotto però, quello lo aveva mantenuto. Era il suo modo di vivere, era il suo modo di essere, trasmetteva a tutti un senso di rigore, il rispetto delle Istituzioni e della legge. 

Ormai non è più con noi da alcuni anni, e spesso penso che avrebbe potuto raccontarmi così tanto adesso che sono più grande e che mi sto sempre più appassionando alla politica, specialmente su un periodo che mi interessa e mi inquieta nel suo essere totalmente incomprensibile agli occhi di una ragazza cresciuta nel nuovo millennio: gli anni bui del terrorismo. Lui quel periodo lo aveva vissuto in prima persona, lavorando in una sezione chiamata “politica” del Commissariato che sorge di fronte alla mia scuola. Aveva visto giudici cadere, aveva avuto colleghi uccisi in imboscate, ma soprattutto era stato coinvolto in prima persona in una delle vicende più tristi della storia italiana: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Una sera mentre stava per finire il suo turno e tornare a casa, aveva ricevuto la segnalazione di una macchina sospetta in Via Caetani. Con un collega si era recato davanti ad una Renault 4 che conteneva il corpo senza vita del Segretario della Democrazia Cristiana. Quell’immagine, da quanto raccontava negli anni seguenti, lo avrebbe accompagnato per sempre, segnandolo profondamente dal punto di vista emotivo. Periodicamente i giornali ripropongono una foto di un gruppo di uomini che apre il cofano di quella macchina, dove sotto una coperta è nascosto il corpo di Aldo Moro. Uno di loro tiene lontana la folla con il gesto della mano, ed io in quella figura di spalle riconosco mio nonno, e immagino quello che stava provando in quel momento, la paura per se stesso, per la sua famiglia, per le Istituzioni che tanto amava e serviva, per uno Stato che vacillava sotto i colpi del terrorismo, e la speranza che nonostante tutto si potesse trovare una via di uscita. Chissà cosa avrebbe pensato oggi, ascoltando la notizia data dal telegiornale sul coinvolgimento dei servizi segreti nel sequestro di Moro, intervenuti addirittura per “proteggere” i terroristi durante l’azione criminale. Chissà cosa avrebbe pensato del fatto che a distanza di tanti decenni ancora molti punti di quella vicenda sono oscuri, ancora ci sono rivelazioni, intrighi da scoprire. Avrebbe scosso la testa come fece di fronte alle immagini del G8 di Genova del 2001, mentre giocava con una piccola bambina di tre anni, pensando che non era quello lo Stato a cui aveva dedicato la vita. E magari avrebbe cercato, come faceva sempre, di convincermi a seguire le sue orme. Come ti starebbe bene, diceva, la divisa. E mi avrebbe guardata uscire dalle scale di scuola, affacciato alla finestra del commissariato, salutandomi con la mano.


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