sabato 16 agosto 2014

Diario di una vacanza 1

Se mi chiedessero di descrivere questa vacanza, la descriverei in un modo insolito, diverso dai classici racconti estivi, quelli che iniziano con “Martedì mattina siamo arrivati a Lido Marini, ci siamo messi il costume e siamo scesi in spiaggia …”. La descriverei così:

Una casa blu, grande, cinque stanze, sette letti, sette persone e un obiettivo comune: andare al mare, in spiaggia. La spiaggia per ognuno di noi significa qualcosa di diverso: per la signora Maria Grazia, mia nonna, e per la signora Lucia, mia pro zia, significa un posto fresco, mattutino – non si scende in spiaggia dopo le 11,00 - dove si può respirare un po’ d’aria di mare, si possono mettere nell’acqua i piedi che per un inverno interno sono rimasti rintanati nei calzini di lana bianca, si possono fumare un bel po’ di sigarette, tanto chi ti sta a guardare quante ne fumi, si può bere una granita o una crema fredda al caffè portata dai nipoti, e poi si risale verso casa con una domanda fissa in testa “ ... e oggi cosa cucino? ...”, spettegolando  tutto il tempo. Per Sabina, mia mamma, e per Donatella, mia zia, il mare significa sole, bagni, La settimana enigmistica, lettura dei quotidiani, qualche messaggino su whatsapp, un buon libro, qualche passeggiata e un po’ di foto mischiate a qualche chiacchiera qua e là sia con i parenti che con i vicini di ombrellone; significa anche decoro della spiaggia, che consiste nel raccogliere qualsivoglia oggetto di plastica sulla spiaggia o nel mare per poi buttarlo nell’apposito cestino. Per Rocco, mio pro zio e marito di Lucia nonché fratello di mio nonno, il mare significa una sveglia biologica alle sei del mattino, una doccia fredda, calzoncini, ciabatte, ombrellone e sedie sotto braccio e via a piantare l’ombrellone nel posto migliore. Per Alina, mia cugina, la spiaggia significa sole, musica, tanta musica, granite, whatsapp con il mio hotspot, qualche passeggiata sulla spiaggia, le interminabili telefonate in tedesco con la madre svizzera e quelle altrettanto interminabili con il padre, stavolta in italiano però. Per Arianna, che sarei io, la spiaggia significa divertimento, nuotate a più non posso, partite di beach volley, possibilità di nuove amicizie e divertimento nello scovare gente “figa” o interessante che sia un ragazzo, un bagnino o un animatore, tanto è uguale. Ora vi starete chiedendo se in tutto ciò ho conosciuto qualcuno, beh si, diciamo che ho conosciuto due ragazzi, due fratelli, Alberto e Massimo; diciamo che conosco Alberto perché per quanto io ne sappia il fratello è muto. Alberto è un ragazzo di vent’anni, più alto di me (e ce ne vuole, visto che sono alta quasi un metro e ottanta), biondo con i capelli tagliati a spazzola, un bel fisico da classico palestrato, un sorriso splendido, due occhi grandi ed un buon carattere, diciamo buono, anche se a volte proprio non riesco a capirlo. Massimo è il fratello ma di somiglianza con Alberto ne ha meno di un procione, è alto si, forse anche più del fratello ora che ci penso, ha i capelli castani, suppongo, perché se li rasa a zero e per questo motivo sta sempre a mettersi la crema protezione cinquanta in testa, gli riconosco il fatto di essere abbronzato in modo equo su tutto il corpo, testa compresa naturalmente. Dico che è muto non perché lo sia realmente, ha solo un carattere orrendo, sta tutto il giorno in silenzio, annuisce solo su domanda e proprio se obbligato, insomma in poche parole ti fa passare la voglia di iniziare una conversazione che necessiti un qualsiasi tipo di risposta, anche perché non ci sarebbe. Io e mia cugina li abbiamo conosciuti, sono qui con i genitori ma io non li ho ancora mai visti, stanno sempre con gli zii e con un po’ di gente anziana, ma non so se tra loro sono parenti. Arrivano tardi la mattina, loro dico, perché quei due-tre signori anziani arrivano prima dell’alba secondo me, a qualsiasi ora tu vada in spiaggia, che siano le cinque o le sette della mattina, stai certo di trovarli lì, a spettegolare sotto l’ombrellone. Sono persone simpatiche però, la figlia è “renziana” e questo dice tutto, il padre era un amico di mio nonno e appena ha visto mio zio ha tenuto a farmi notare la loro somiglianza. Con Alberto e Massimo siamo uscite due sere, io e Alberto parlavamo sempre, anche se - mi stupisco anch’io - non riesco a ricordare di cosa abbiamo parlato; ci hanno offerto da bere per tutte e due le sere in cui siamo usciti, da bravi gentiluomini, poi siamo rimasti un po’ seduti sui muretti in riva al mare, tra il chiasso delle bancarelle degli immigrati asiatici, con quella musica etnica che solo loro conoscono, e la calma e dolce risacca del mare sugli scogli salentini. Siamo anche andati in spiaggia una sera, c’era la luna piena e in un lido proprio sul lungomare c’era una specie di festa, penso fosse il compleanno di qualcuno, e noi abbiamo aperto due sdraie e ci siamo stesi a chiacchierare e a guardare la luna mentre Alberto continuava ad affermare che tutto ciò era “di un romantico assurdo”. Poi non si sa per quale motivo dal giorno dopo hanno smesso di guardarci in faccia, sarà perché tutta quella massa di parenti/amici/conoscenti sotto il loro ombrellone non fa altro che chiamarli “due poveri calamari imbranati” in quanto sono io che ogni volta li invito a prendere qualcosa al bar, ma non saprei. Sta di fatto che ieri sera, all'ora del tramonto, ho aiutato mamma a togliere l’ombrellone, a chiudere le sedie, a mettere a posto le asciugamani ed i vestiti e ho caricato tutto sulle spalle, poi sono passata accanto a lui senza nemmeno guardarlo in faccia, con lo sguardo fisso verso l’uscita, con un’espressione tra il sostenuto ed il pentito, l’arrabbiato e l’incredulo, fin quando non ho sentito una voce bassa e nascosta che mi diceva “ciao” e lì, non potendo resistere, la mia stessa risposta “ciao!”. Finita lì la nostra conversazione durata due sere e qualche ora sulla spiaggia, preferiscono “raccattare” gente sulla spiaggia, piccola o grande che sia, per giocare a pallone stravolgendo tutto ciò che c’è nelle vicinanze, che possa essere un asciugamano, una borsa, una sdraia o due bambini che scavano una buca, per poi ripetere sempre la stessa parola, “Scusa”. In realtà se dobbiamo parlare di conoscenze abbiamo conosciuto solo loro, perché quelli dell’animazione non sono mai tuoi amici. Nonostante ciò, ho iniziato a partecipare alle attività mattutine, più per la simpatia dell’animatore che le svolge che per l’interesse nell’attività stessa; ho conosciuto Tiziana, ragazza sui venticinque-ventisei anni, bassa, ricca e in carne, studia balli caribici e se la tira un po’ troppo per i miei gusti; lei fa acqua gym, balli e si alterna con un altro animatore, Lucien, nel risveglio muscolare alle dieci in punto della mattina. Lucien è un ragazzo che si avvia verso i trent’anni secondo l’autorevole opinione di mia mamma, alto un metro e settantanove (non che io abbia il metro incorporato, me lo ha detto lui), pesa quanto me e questo è preoccupante in quanto non so se sentirmi io grassa o pensare che lui sia alquanto magro. Ha un bel sorriso, i capelli un po’ lunghi e quell’accento indefinito che ti chiedi fino all’ultimo giorno di dove possa essere, insegna “aikido” un arte giapponese che consiste nella “presenza del corpo”, nella leggerezza e nella forza interiore, insomma un'arte che finché non la conosci ti ispira. Insomma per una settimana io e mia cugina non abbiamo fatto altro che aspettare le sue lezioni mattutine; facevano bene alla schiena però, quando finivo e tornavo in spiaggia mi sentivo con la schiena così dritta. E’ una persona strana, ti sa coinvolgere mettiamola così, i migliori animatori sono lui e Paolo, un ragazzo che mi ricorda un po’ mio zio Pasquale, ma che è simpaticissimo, ti sa coinvolgere in ogni gioco e poi gli sono riconoscente in quanto mi fa rimanere in gioco anche quando sbaglio. Fa così anche Lucien comunque. In poche parole mi piacciono gli animatori, saranno anche “scarsi” secondo le opinioni di mia zia e di mia mamma in quanto loro stesse avendo frequentato i villaggi Valtur ne sanno qualcosa più di me, sta di fatto che fare colazione al bar la mattina, sorseggiando un buon cappuccino e mangiando un delizioso cornetto al miele e ai cereali, aspettando che arrivino Paolo con le sue pacche sulle spalle e le sue battute mattutine, Lucien che con il suo modo di fare simpatico ci grida “buongiorno!” nelle orecchie quasi a farci diventare sorde, Tiziana che arriva e ti fissa facendo la spiritosa, Andrea, il capo animazione, che non dà loro neanche il tempo di respirare che subito fa partire la sigla e li obbliga a ballare, è proprio bello e ti dà una carica in più.

Purtroppo questa vacanza sta finendo e dopodomani io e la mia famiglia carichiamo borsoni, ombrelloni e valigie nel bagagliaio della macchina e ci mettiamo in viaggio verso la nostra casa di campagna. Volevo passare questi ultimi due giorni aspettando un saluto da parte di Alberto, giocando a racchettoni con mia zia, facendo aikido la mattina con Lucien, scambiare qualche parola con lui cercando di scoprire da quanto tempo studia quella roba, ballando a ritmo dei tormentoni estivi e di qualche canzone di Bollywood, e cercando infine di vincere quel maledetto aperitivo e andarmelo a prendere con Paolo e Lucien. Non è andata così, non tutto è "rose e fiori" come si usa dire, e alcune attività, specialmente durante ferragosto, sono riservate esclusivamente ai membri del villaggio, cosa che io non sono in quanto frequento la spiaggia libera, e per questo non posso partecipare ai giochi, né far parte di una squadra. Me ne sono accorta stamattina, quando seduta al bar con mia zia facendo un cruciverba e aspettando l’inizio della lezione di aikido, è passato Lucien che, dopo un simpatico “Heilà! Buongiorno come stai? Wow, fai il cruciverba al mare??!” ha iniziato a reclutare gente per i giochi ed io naturalmente non c’ero. Pazienza, non bisogna farsi rovinare la vacanza per dei giochi estivi (eppure l’ho fatto), ergo oggi pomeriggio mi rilasserò in spiaggia facendo qualche cruciverba con la mamma e giocando a racchettoni con la zia.

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