Se mi chiedessero di descrivere questa vacanza, la
descriverei in un modo insolito, diverso dai classici racconti estivi, quelli
che iniziano con “Martedì mattina siamo arrivati a Lido Marini, ci siamo messi
il costume e siamo scesi in spiaggia …”. La descriverei così:
Una casa blu, grande, cinque stanze, sette letti, sette
persone e un obiettivo comune: andare al mare, in spiaggia. La spiaggia per ognuno di
noi significa qualcosa di diverso: per la signora Maria Grazia, mia nonna, e
per la signora Lucia, mia pro zia, significa un posto fresco, mattutino – non si
scende in spiaggia dopo le 11,00 - dove si può respirare un po’ d’aria di mare, si
possono mettere nell’acqua i piedi che per un inverno interno sono rimasti
rintanati nei calzini di lana bianca, si possono fumare un bel po’ di
sigarette, tanto chi ti sta a guardare quante ne fumi, si può bere una granita o una crema fredda al caffè portata dai nipoti, e poi si risale verso casa con una domanda fissa in testa “ ... e oggi cosa cucino? ...”, spettegolando tutto il tempo. Per Sabina, mia mamma, e per
Donatella, mia zia, il mare significa sole, bagni, La settimana enigmistica,
lettura dei quotidiani, qualche messaggino su whatsapp, un buon libro, qualche
passeggiata e un po’ di foto mischiate a qualche chiacchiera qua e là sia con i
parenti che con i vicini di ombrellone; significa anche decoro della spiaggia, che
consiste nel raccogliere qualsivoglia oggetto di plastica sulla spiaggia o nel
mare per poi buttarlo nell’apposito cestino. Per Rocco, mio pro zio e marito di
Lucia nonché fratello di mio nonno, il mare significa una sveglia biologica
alle sei del mattino, una doccia fredda, calzoncini, ciabatte, ombrellone e
sedie sotto braccio e via a piantare l’ombrellone nel posto migliore. Per
Alina, mia cugina, la spiaggia significa sole, musica, tanta musica, granite,
whatsapp con il mio hotspot, qualche passeggiata sulla spiaggia, le
interminabili telefonate in tedesco con la madre svizzera e quelle altrettanto
interminabili con il padre, stavolta in italiano però. Per Arianna, che sarei
io, la spiaggia significa divertimento, nuotate a più non posso, partite di
beach volley, possibilità di nuove amicizie e divertimento nello scovare
gente “figa” o interessante che sia un ragazzo, un bagnino o un animatore,
tanto è uguale. Ora vi starete chiedendo se in tutto ciò ho conosciuto
qualcuno, beh si, diciamo che ho conosciuto due ragazzi, due fratelli, Alberto e Massimo; diciamo che conosco Alberto perché per quanto io ne sappia il fratello è muto.
Alberto è un ragazzo di vent’anni, più alto di me (e ce ne vuole, visto che sono
alta quasi un metro e ottanta), biondo con i capelli tagliati a spazzola, un
bel fisico da classico palestrato, un sorriso splendido, due occhi grandi ed un
buon carattere, diciamo buono, anche se a volte proprio non riesco a capirlo.
Massimo è il fratello ma di somiglianza con Alberto ne ha meno di un procione, è
alto si, forse anche più del fratello ora che ci penso, ha i capelli castani,
suppongo, perché se li rasa a zero e per questo motivo sta sempre a mettersi la
crema protezione cinquanta in testa, gli riconosco il fatto di essere abbronzato in modo
equo su tutto il corpo, testa compresa naturalmente. Dico che è muto non perché
lo sia realmente, ha solo un carattere orrendo, sta tutto il giorno in
silenzio, annuisce solo su domanda e proprio se obbligato, insomma in poche
parole ti fa passare la voglia di iniziare una conversazione che necessiti un
qualsiasi tipo di risposta, anche perché non ci sarebbe. Io e mia cugina li
abbiamo conosciuti, sono qui con i genitori ma io non li ho ancora mai visti,
stanno sempre con gli zii e con un po’ di gente anziana, ma non so se tra loro
sono parenti. Arrivano tardi la mattina, loro dico, perché quei due-tre signori
anziani arrivano prima dell’alba secondo me, a qualsiasi ora tu vada in
spiaggia, che siano le cinque o le sette della mattina, stai certo di trovarli
lì, a spettegolare sotto l’ombrellone. Sono persone simpatiche però, la figlia
è “renziana” e questo dice tutto, il padre era un
amico di mio nonno e appena ha visto mio
zio ha tenuto a farmi notare la loro somiglianza. Con Alberto e Massimo siamo
uscite due sere, io e Alberto parlavamo sempre, anche se - mi stupisco anch’io - non riesco a ricordare di cosa abbiamo parlato; ci hanno offerto da bere per
tutte e due le sere in cui siamo usciti, da bravi gentiluomini, poi siamo
rimasti un po’ seduti sui muretti in riva al mare, tra il chiasso delle
bancarelle degli immigrati asiatici, con quella musica etnica che solo loro conoscono, e la calma e dolce risacca
del mare sugli scogli salentini. Siamo anche andati in spiaggia una sera, c’era
la luna piena e in un lido proprio sul lungomare c’era una specie di festa,
penso fosse il compleanno di qualcuno, e noi abbiamo aperto due sdraie e
ci siamo stesi a chiacchierare e a guardare la luna mentre Alberto continuava
ad affermare che tutto ciò era “di un romantico assurdo”. Poi non si sa per
quale motivo dal giorno dopo hanno smesso di guardarci in faccia, sarà perché
tutta quella massa di parenti/amici/conoscenti sotto il loro ombrellone non fa
altro che chiamarli “due poveri calamari imbranati” in quanto sono io che ogni
volta li invito a prendere qualcosa al bar, ma non saprei. Sta di fatto che ieri sera, all'ora del tramonto, ho
aiutato mamma a togliere l’ombrellone, a chiudere le sedie, a mettere a posto
le asciugamani ed i vestiti e ho caricato tutto sulle spalle, poi sono passata
accanto a lui senza nemmeno guardarlo in faccia, con lo sguardo fisso verso
l’uscita, con un’espressione tra il sostenuto ed il pentito, l’arrabbiato e
l’incredulo, fin quando non ho sentito una voce bassa e nascosta che mi diceva
“ciao” e lì, non potendo resistere, la mia stessa risposta “ciao!”. Finita lì la nostra conversazione durata due sere e qualche ora sulla spiaggia, preferiscono
“raccattare” gente sulla spiaggia, piccola o grande che sia, per giocare a
pallone stravolgendo tutto ciò che c’è nelle vicinanze, che possa essere un
asciugamano, una borsa, una sdraia o due bambini che scavano una buca, per poi
ripetere sempre la stessa parola, “Scusa”. In realtà se dobbiamo parlare di
conoscenze abbiamo conosciuto solo loro, perché quelli dell’animazione non sono
mai tuoi amici. Nonostante ciò, ho iniziato a partecipare alle attività
mattutine, più per la simpatia dell’animatore che le svolge che per l’interesse
nell’attività stessa; ho conosciuto Tiziana, ragazza sui venticinque-ventisei
anni, bassa, ricca e in carne, studia balli caribici e se la tira un po’ troppo
per i miei gusti; lei fa acqua gym, balli e si alterna con un altro animatore,
Lucien, nel risveglio muscolare alle dieci in punto della mattina. Lucien è un
ragazzo che si avvia verso i trent’anni secondo l’autorevole opinione di mia
mamma, alto un metro e settantanove (non che io abbia il metro incorporato, me
lo ha detto lui), pesa quanto me e questo è preoccupante in quanto non so se
sentirmi io grassa o pensare che lui sia alquanto magro. Ha un bel sorriso, i
capelli un po’ lunghi e quell’accento indefinito che ti chiedi fino all’ultimo
giorno di dove possa essere, insegna “aikido” un arte giapponese che consiste
nella “presenza del corpo”, nella leggerezza e nella forza interiore, insomma
un'arte che finché non la conosci ti ispira. Insomma per una settimana io e mia
cugina non abbiamo fatto altro che aspettare le sue lezioni mattutine; facevano
bene alla schiena però, quando finivo e tornavo in spiaggia mi sentivo con la
schiena così dritta. E’ una persona strana, ti sa coinvolgere mettiamola così,
i migliori animatori sono lui e Paolo, un ragazzo che mi ricorda un po’ mio zio
Pasquale, ma che è simpaticissimo, ti sa coinvolgere in ogni gioco e poi gli
sono riconoscente in quanto mi fa rimanere in gioco anche quando sbaglio. Fa
così anche Lucien comunque. In poche parole mi piacciono gli animatori, saranno
anche “scarsi” secondo le opinioni di mia zia e di mia mamma in quanto loro
stesse avendo frequentato i villaggi Valtur ne sanno qualcosa più di me, sta di
fatto che fare colazione al bar la mattina, sorseggiando un buon cappuccino e
mangiando un delizioso cornetto al miele e ai cereali, aspettando che arrivino
Paolo con le sue pacche sulle spalle e le sue battute mattutine, Lucien che con
il suo modo di fare simpatico ci grida “buongiorno!” nelle orecchie quasi a
farci diventare sorde, Tiziana che arriva e ti fissa facendo la spiritosa,
Andrea, il capo animazione, che non dà loro neanche il tempo di respirare che
subito fa partire la sigla e li obbliga a ballare, è proprio bello e ti dà una
carica in più.
Purtroppo questa vacanza sta finendo e dopodomani io e la mia
famiglia carichiamo borsoni, ombrelloni e valigie nel bagagliaio della macchina
e ci mettiamo in viaggio verso la nostra casa di campagna. Volevo passare
questi ultimi due giorni aspettando un saluto da parte di Alberto, giocando a
racchettoni con mia zia, facendo aikido la mattina con Lucien, scambiare
qualche parola con lui cercando di scoprire da quanto tempo studia quella roba,
ballando a ritmo dei tormentoni estivi e di qualche canzone di Bollywood, e
cercando infine di vincere quel maledetto aperitivo e andarmelo a prendere con
Paolo e Lucien. Non è andata così, non tutto è "rose e fiori" come si usa dire, e
alcune attività, specialmente durante ferragosto, sono riservate esclusivamente
ai membri del villaggio, cosa che io non sono in quanto frequento la spiaggia
libera, e per questo non posso partecipare ai giochi, né far parte di una
squadra. Me ne sono accorta stamattina, quando seduta al bar con mia zia
facendo un cruciverba e aspettando l’inizio della lezione di aikido, è passato
Lucien che, dopo un simpatico “Heilà! Buongiorno come stai? Wow, fai il
cruciverba al mare??!” ha iniziato a reclutare gente per i giochi ed io
naturalmente non c’ero. Pazienza, non bisogna farsi rovinare la vacanza per dei
giochi estivi (eppure l’ho fatto), ergo oggi pomeriggio mi rilasserò in
spiaggia facendo qualche cruciverba con la mamma e giocando a racchettoni con
la zia.
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