domenica 17 maggio 2015

Coffee, tea or me? Un "romanzo" parte 2

Le quattro del pomeriggio, visto che era inverno il sole stava ormai per tramontare. C’era una grande conferenza, c’erano moltissimi giornalisti e lui era tra i cinque ospiti invitati. Lei come sempre era seduta tra le prime file, ma mai in prima, non voleva farsi vedere troppo ma neanche troppo poco, la soluzione intermedia era un intenso scambio di sguardi tra il palco e la seconda fila. Lei era seduta con due suoi amici, chiacchieravano, scambiavano risate tra un intervento e l’altro. Lei stava già progettando il saluto, come l’avrebbe salutato, continuava a rivedersi in mente la stessa scena, quasi come per impararla a memoria, così che potesse accadere almeno una parte di ciò che sperava. Si sarebbe alzata, avrebbe atteso che gli ospiti si stringessero le mani cordialmente in segno di saluto, si sarebbero guardati, lei sarebbe andata verso di lui e lui lo stesso, si sarebbero salutati con un bacio sulla guancia, e lei gli avrebbe finalmente chiesto quel maledetto caffè, e lui, naturalmente, avrebbe accettato con entusiasmo.

Mancava ancora un po’ alla fine della conferenza, e ad un tratto lui si alzò, prese giacca, sciarpa e valigia e salutando tutti scusandosi per il fatto di doversene andare così in fretta, si incamminò verso l’uscita.

Tutta quella fragile catena di eventi si era frantumata, in tanti piccoli pezzi, come un cristallo caduto per terra, morendo dove era nata, nella sua mente, lasciando quella voglia di piangere e di scappare in gola.

E lui mentre se ne andava, non l’aveva neanche guardata, e mentre aspettava che il taxi arrivasse pensava a lei, a quegli occhi che gli sarebbe piaciuto guardare all’infinito fino a perdercisi dentro. Ma non poteva, dieci anni, quei dieci stramaledetti anni erano tanti e lui non poteva permettersi di amarla, anche perché era sicuro che il suo sentimento non fosse ricambiato.


Rientrato in albergo si tolse sciarpa, cappotto e giacca, e si stese sul letto, chiuse gli occhi e cominciò a pensare a cosa poteva fare se non cercare di dimenticarla, dimenticarsi di tutto per un istante. In fondo aveva detto a tutti che sarebbe partito il giorno dopo, ma in realtà si sarebbe trattenuto per altri due giorni. Il suo albergo era in pieno centro, ed a pensarci bene era anche vicino alla scuola di lei. Non sapeva cosa fare ma voleva fare qualcosa, non faceva che pensare a lei, sapeva di amarla. Si alzò, si rimise giacca, cappotto e sciarpa ed uscì dall’albergo; non gli importava se qualcuno l’avrebbe visto e si fosse chiesto cosa ci facesse lì, non sapeva neanche dove stava andando, ma sapeva che aveva solo due giorni per farle capire che l’amava.


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